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Manca il medico a Ca' Nova, con una bella RSA privata la salute è assicurata!


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Manca il medico a Ca' Nova, con una bella RSA privata la salute è assicurata!

Dove una scuola generava cittadini, una RSA privata genererà profitti.

Bella trovata, sindaco Bucci!


Permettetemi di prenderla larga: Articoli 1, 32, 41, 50, 114.

Possono già bastare.

L'Articolo 1 della Costituzione italiana, come sanno anche i muri, inizia con il celebre incipit: “L’Italia è una Repubblica democratica...”. Isoliamo l'aggettivo “democratica”. Perché?

Perché questo ci permette di focalizzare gli altri articoli sopracitati sotto la luce fondamentale che i Padri Costituenti hanno voluto imprimere alla Carta. E da qui partiamo. Oggi, mentre tento di districarmi in mille faccende quotidiane, vengo letteralmente colta di sorpresa da una notizia apparentemente innocua, notizia che riguarda un luogo abbastanza simbolico, suo malgrado, del mio dimenticato estremo ponente genovese.

Un quotidiano locale online, infatti, m'informa, con tanto di disegnino bello, che l'immobile dell'ex Scuola media Salvatore Quasimodo del quartiere Ca’ Nova, in “stato di abbandono dal 2012, è stato acquistato dalla Hiberna Regis (...)” e che “sarà totalmente ristrutturato e diventerà una Rsa da 120 posti letto”. Ovviamente, privato. Caspita – penso - che tempismo perfetto!

Nel 2012 insegnavo alla Calamandrei che, con la Quasimodo, rappresentava la secondaria di primo grado dell'IC Voltri 2. Fra colleghi eravamo spesso intercambiabili, molti lavoravano su entrambi i plessi. Ricordo perfettamente le lotte compatte di docenti, studenti e genitori per non far chiudere un edificio scolastico storico per il quartiere, edificio che, per anni, aveva rappresentato quasi una avanguardia di riscatto, un rifugio, una casa accogliente. Colleghi che l'avevano letteralmente aperto, mi raccontavano spesso quanto fosse importante la presenza e il ruolo svolto da quella scuola e dai suoi operatori, importanza ampiamente dimostrata, ad esempio, dal nome che assunse presso il Provveditorato nei suoi primissimi anni di vita: Il Presidio Scolastico di via Podestà. Il Presidio. Mai nome fu più evocativo.

Ora, Il Presidio diventa una Rsa. Privata. Sembra quasi una barzelletta. Non so che idea si possa avere dei quartieri collinari ponentini. Io le mie idee le ho costruite in circa trent'anni d'insegnamento in loco. So di che parlo, quindi. So, ad esempio, che l'edificio in questione fu più volte negato ad associazioni del territorio che ne chiedevano la possibilità d'uso. So che l'iniziale progetto di trasferirvi un Istituto professionale fu trascinato nel tempo e poi accompagnato al naufragio. So che versava in condizioni di abbandono e di degrado nel più totale disinteresse. So anche, però, che l'interesse privato, come i funghi, spunta quando meno te lo aspetti ma sempre in terreni predisposti alla maturazione delle spore del profitto.


Quindi, sconforto e nostalgia a parte, sorgono alcune riflessioni.

• Il regime democratico riguarda anche gli Enti locali. Non ci piove. Il Comune (ente locale più vicino ai cittadini, che rappresenta le proprie comunità, ne cura gli interessi, ne promuove lo sviluppo...), in quanto Ente preposto alla gestione di territori circoscritti, dovrebbe farsi garante affinché ogni scelta possa essere frutto di un onesto confronto democratico, soprattutto coinvolgendo chi il territorio lo vive e lo abita, o

lo subisce, in prima persona. Agli abitanti del Cep è mai stata posta la domanda: “Cosa volete che diventi la ex Scuola Quasimodo?”. Non mi risulta.

• Su quali bisogni e su quali studi di fattibilità e di efficacia sociale per il quartiere si basa l'opzione Rsa? Forse i nostri amministratori/venditori non conoscono le urgenze e i disagi del quartiere? Sanno, ad esempio, che gli abitanti di quella immensa collina non hanno uno straccio di ambulatorio di un miserrimo medico di base neppure sperduto fra le nebbie? Sanno che manca totalmente, a parte la biblioteca Firpo e un paio di associazioni di volontariato, di qualsiasi presidio artistico culturale? Sanno che non c'è più neppure un minimarket? Forse no… Altrimenti, avrebbero già aperto un megastore…

• Se si dovesse aprire un tombino ad Albaro, probabilmente verrebbero indette alcune assemblee pubbliche, se non altro per decidere il brand metallico e il colore in pendant con le panchine. Forse che gli abitanti del Cep non sono abbastanza notabili da essere coinvolti in una decisione sul LORO territorio?

• I nostri amministratori ricordano sicuramente che “l'iniziativa privata è (sì) libera (ma) non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”? (Art.41) Sanno che al Cep, oggi come ieri, salute, ambiente, sicurezza, dignità sono spesso una chimera? E che una patinata Rsa privata non potrà assolutamente fare la differenza? A parte la vista spaziale a disposizione degli anziani fruitori paganti…

• Questa continua, invasiva, imposta tout court e subdola privatizzazione sanitaria, spesso strapagata con soldi pubblici, che pervade, ormai da tempo, la nostra regione può ancora per molto essere spacciata come modus vincente? O si comincia ad avere consapevolezza che ciò che spinge il carrozzone rombante è il profitto e il benessere di pochi a scapito dei troppi, troppo ingenui e troppo fragili, anche nei bisogni indotti?


Concludendo: siamo proprio davvero tutti contenti di questi funghi progettuali stile Bollywood, sparati ad minchiam (passatemi il francesismo neolatino) su territori già martoriati da declino, abbandono ed assenza delle istituzioni?


E il dibattito pubblico, la condivisione partecipata delle scelte li abbiamo definitivamente lasciati nel '900 assieme ai corpi intermedi, le associazioni, i comitati territoriali?

Non so voi, ma a me tutto ciò non piace affatto!


Una riflessione di CAROLINA MANFRINETTI,

candidata in consiglio comunale per Sinistra Italiana



 
 
 

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